Tancredi da Lecce
raccontata nel Castello di Acaya ad Acaya, frazione del Comune di:
Visualizza questo itinerario in una mappa di dimensioni maggiori
-
Vernole
Le prime notizie certe, che si hanno sul centro, risalgono al 1115, anno in cui Goffredo, figlio di Accardo, conte di lecce, donò al vescovo di Lecce metà del casale di Vernole, per la costruzione della cattedrale del capoluogo. Conosciuto anche come casale di San Lorenzo dal nome di una chiesa i cui ruderi sono ancora visibili presso l’attuale cimitero, il feudo, nel 1195, fu confermato dalla regina Costanza, vedova di Tancredi e contessa di Lecce e, in seguito, dai successivi feudatari i Brienne e i Del Balzo-Orsini. Il vasto territorio di Vernole comprende le cinque frazioni di Acaya, Acquarica, Pisignano, Strudà e Vanze, le cui storie sono strettamente connesse alle famiglie nobili detentrici a buon titolo dei nuclei abitativi. Tra queste la più affascinante per le rilevanti testimonianze storico-artistiche che conserva è Acaya.
-
La natura
-
-
Acaya (frazione di Vernole)
La tradizione storica ci informa sulla casata degli Acaya di provenienza greca. Gli Acaya emigrati nel 1147, insieme ad altri conterranei, si rifuggiano in Normandia, dove si pongono al servizio del futuro re Carlo I d’Angiò. Di seguito si spostano in Francia e poi in Italia per aiutarlo alla conquista del regno di Napoli. In segno di gratitudine dopo il conferimento del titolo di barone nel 1294 a Gerbasio dell’Acaya, sposato con Filippa d’Enghien, gli viene assegnato il feudo di Segine (antico nome di Acaya), Galugnano, San Cesario ed altri feudi sparsi in Terra d’Otranto.
Una prima attestazione del feudo si ha già nel 1133, quando per volere del conte Accardo viene donato alle monache benedettine di San Giovanni di Lecce, confermato poi da Tancredi nel 1190.
Alfonso, della famiglia dell’Acaya, diventa l’esponente più in vista e ben voluto dagli Aragonesi per i quali porterà avanti alcuni importanti incarichi diplomatici. A lui si deve l’erezione del castello e le robuste mura di Segine, poi Acaya, che prediligeva particolarmente. Il figlio Gian Giacomo intervenne dopo averlo ereditato per successione diretta nel 1521. Architetto militare e uomo d’armi, Gian Giacomo si dedica alle sua attività con grande successo, (oltre al castello reimposta il tessuto viario del centro urbano cambiandone il volto) convola a nozze per tre volte e in età matura si ritira ad Acaya lasciando la gestione del patrimonio immobiliare al figlio Manilio. Viene incolpato di insolvenza per aver fatto da garante ad un imprenditore fiorentino, il quale dopo aver partecipato all’appalto bandito dalle Dogane di Terra d’Otranto, fa perdere le proprie tracce lasciando il fardello del pagamento ai dell’Acaya. Gian Giacomo, addolorato per la ingiusta sorte e abbandonato dagli amici, muore nelle carceri del castello di Lecce da lui stesso paradossalmente progettato.
Ritornando al castello di Acaya è d’uopo menzionare lo straordinario affresco del XIV secolo raffigurante la Dormitio Virginis, conservato, sul lato nord, nell’ambiente al pianterreno adibito a cappella di culto ad uso dei baroni e del seguito.
Gerbasio, primo barone del casato degli Acaya, erige una fabbrica religiosa alla fine del XIII (1290?), la stessa assumerà connotati di chiaro stampo tardo gotico nel 1420 con il discendente del barone, tal Pietro. Si tratta dell’attuale chiesa matrice dedicata a Santa Maria della Neve che di quel periodo conserva il campanile e la sacrestia con volta a botte, i cui volumi architettonici esterni sono coronati da sopravvissuti archetti pensili, tipici elementi decorativi medioevali. -
Pisignano (frazione di Vernole)