Testimonianze storico–artistiche del Salento nel basso medioevo
I popoli del Nord, l’Arte e la Religione
La dominazione normanna nel meridione d’Italia ha lasciato oltre a notevoli testimonianze di carattere storico e politico, anche tracce di carattere materiale, queste ultime da porre in relazione ad una pratica edilizia molto comune in tutto il Medioevo, con radici ben più lontane nel tempo: il reimpiego di elementi architettonici e decorativi.
La nuova ideologia al potere riesce ad esprimersi in maniera più completa attraverso un costante "recupero materiale dell’antico", in riferimento alla gloria del passato imperiale di Roma e della Chiesa dei primi secoli.
Accanto al richiamo della tradizione paleocristiana, un ruolo altrettanto importante è stato quello portato avanti dall’ordine benedettino, per quanto concerne taluni programmi edilizi.
L’espansione dei benedettini era gradita al papato, perciò la mossa delle donazioni di terre e di chiese da parte dei normanni all’ordine religioso risponde perfettamente alla volontà di creare una rete di nuclei latini capace di fronteggiare una terra profondamente grecofona nella cultura e nei riti.
I nuovi conquistatori, attuano una politica d’integrazione equilibrata ma capillare accontentando sia i monasteri meridionali, sia quelli italo-greci del Salento.
Un esempio eclatante di fusione religiosa e civile della rinnovata città "normanna", la rappresentazione architettonica di una nuova concezione del mondo e del concetto della nuova grandezza e del nuovo ordine, che i Normanni garantivano come diffusori laici della Riforma Gregoriana, è senza dubbio la cattedrale di Otranto della rinnovata Diocesi ereditata dai bizantini.
Essa racchiudeva il prestigio di un’antica città popolata e raccolta intorno al suo prelato, ed era anche l’avvio al costituirsi del tessuto urbano dell’età normanno-sveva, e non più bizantina. La costruzione cominciata nel 1080, commissionata dal Vescovo Guglielmo, viene consacrata otto anni dopo alla presenza delle Autorità normanne.
I normanni, attraverso il veicolo dei Benedettini, diffusero i racconti epici della Chanson de Roland, dei Cavalieri di Re Artù, delle imprese classiche di Alessandro Magno. La prova della conoscenza della Chanson de Roland è il mosaico pavimentale della cattedrale di Brindisi del 1178, di cui rimangono tracce dal momento che fu distrutta da un terremoto nel 1743.
Il pavimento del Duomo di Taranto (anch’esso pressochè cancellato) raffigurerebbe un leggendario episodio di Alessandro Magno su un carro legato a dei grifoni alati.
Il più significativo e il più eloquente rimane tuttora il pavimento musivo della cattedrale di Otranto: leggibile nel singolare quadro della somma di simbologie, di misteri, di leggende, di gestualità drammatiche.
Senza dubbio si deve all’impulso dei Normanni la fondazione di numerosi monasteri o anche, in alcuni casi, la restaurazione di altri fatiscenti o antichi.
L’impegno dei signori del nord in questo settore, lungo il secolo e mezzo del loro dominio, si presenta più incisivo nella Terra d’Otranto e nella Puglia che altrove. In loro c’è il proposito di riportare nell’alveo del monachesimo occidentale il credo ortodosso del cenobitismo salentino. Una cultura artistica di intonazione europea circola di corte in corte, di chiostro in chiostro assumendo nelle regioni mediterranee, dalla Sicilia alla Puglia alla Terrasanta, particolari accenti grazie all’intreccio con la civiltà bizantina e islamica.
Oggi molte testimonianze architettoniche sono scomparse e sono registrate solo sui documenti dell’epoca, altre sono tuttora in piedi nel solo disegno architettonico più o meno conservato; in qualche caso le chiese sono persino inglobate in complessi masserizi successivi, e nelle epoche passate erano adibite non di rado a granai o a deposito di materiali agricoli. Di alcune di esse si sono potute ricostruire le singole storie sulla base delle relative documentazioni; ma non di tutte si hanno notizie certe al di là di qualche riferimento diretto o indiretto delle fonti.
Ricordiamo l’abbazia italo-greca di Santa Maria di Cerrate come splendido esito dell’incontro tra la cultura bizantina comnena e quella normanna. Ricostruita interamente alla fine del XII, si inserisce nel solco della cultura artistica romanica del territorio della provincia di Lecce, meno interessato alle novità dei cantieri del Nord Italia e d’oltralpe. Circa la decorazione plastica, in particolare del portale con lunetta, si tratta dell’eco immediata del cantiere dei Ss. Niccolò e Cataldo a Lecce del 1180, committente il conte Tancredi, dove le cornici dei portali mostrano un repertorio vegetale riccamente intagliato come fosse legno, modello destinato ad avere fortuna sul territorio almeno fino alla fine del XIV secolo. Il fecondo incontro di culture diverse è testimoniato anche dalla tradizione pittorica di ambito sacro, tenacemente ancorata alle forme bizantine, come mostrano diffusamente i cicli musivi, gli affreschi, le icone superstiti nel Regno meridionale.
Il genere del mosaico era "l’arte imperiale per eccellenza", anzi l’unica forma di arte che poteva rendere bene l’idea bizantineggiante della Monarchia di Ruggero II e dei suoi discendenti.
Per abbellire palazzi e chiese siciliani i sovrani ricorrevano all’invito di artisti di Costantinopoli. Nella penisola salentina invece quegli artisti erano in loco: erano monaci italo-greci, che dettero prova di alta perizia tecnica nelle chiese romaniche otrantine.
Si deve allo spirito di Federico II di larghe vedute culturali ed europee, per cui la corte sveva accoglieva uno stuolo di poeti e di scrittori e di scienziati, se fu possibile la promozione della cultura in lingua greca nel Salento, che però ruotava soprattutto intorno al celebre monastero.